LA CRISI DA COVID-19

OPPORTUNITA’ TRA ETICA ED INTERESSE

(Avv. Nicola Minervini 24 Marzo 2020)

Siamo nel pieno di una crisi che da più parti –a mio giudizio con giusta ragione- viene ritenuta la peggiore dal secondo dopo guerra. Siamo disorientati, insidiati da un nemico invisibile che ci sta inducendo ad avere paura anche di noi stessi. Per strada si sentono le sirene delle ambulanze, ma anche in questo scenario degno del primo blade runner qualcuno reagisce, parla alla radio, scrive un articolo sulle difficoltà, la speranza, i valori dimenticati e le bandiere della nostra splendida Italia che vengono mostrate con un insolito orgoglio. In tutto questo mi sono domandato se anche questa crisi, nella sua tragicità, venga sfruttata, e come, e se possa lasciare a tutti noi qualcosa di buono. La risposta alla prima domanda è scontata: certamente qualcuno trarrà vantaggio anche da questa disgraziata situazione. Tutte le crisi, di qualsiasi genere, modificano gli equilibri sociali ed economici preesistenti a favore di coloro che grazie all’audacia o forse solo al caso, ne sfruttano le opportunità. Si pensi alle industrie farmaceutiche, agli imprenditori che per primi hanno riconvertito le loro fabbriche verso la produzione di presidi medico-sanitari, alle farmacie, ma anche ai consulenti aziendali che si occupano di sicurezza sul lavoro, alle aziende ed ai professionisti del settore IT. Molte persone stanno traendo benefici dalla crisi. Ma questa affermazione non deve essere letta necessariamente in modo negativo, almeno non del tutto, in quanto alcuni (voglio credere molti) di coloro che hanno riconvertito le loro fabbriche lo hanno fatto per cercare di aiutare le strutture sanitarie che avevano bisogno di camici e mascherine, molti professionisti che magari trarranno notorietà dal loro lavoro, si danno da fare per aiutare settori strategici a rimanere operativi –e da avvocato penso al settore della giustizia- senza pretendere né aspettarsi alcun compenso. Ecco che quindi i benefici che alcuni trarranno da questa tragica crisi appaiono come la conseguenza di comportamenti altruistici. E allora cerco di capire cosa potrei fare io, quale potrebbe essere il mio contributo alla collettività, la goccia da versare nel mare di cose buone (perché sono veramente tante le persone che si prodigano per il bene comune) e la risposta l’ho trovata nel mio lavoro quotidiano: posso implementare l’efficienza del mio studio con nuovi sistemi che mi permettano di restare vicino ai miei clienti, di continuare a rendere le consulenze che faccio da anni, di capire e poi spiegare ai miei Colleghi come si partecipa ad una udienza da remoto per spingere insieme ad altri come me, la macchina della giustizia, per evitare che tutto si fermi. Io ci sto provando. Fino a due settimane fa si parlava di Co-Working, ora la parola di moda è Smart-Working, ma forse per fare fronte alle esigenze del momento potremmo unire i due concetti e iniziare a parlare di Smart-Co-Working. Si, è proprio questo che posso fare, ripensare le procedure di studio, iniziare ad incontrare clienti e collaboratori in modalità smart, in una stanza virtuale che diventerà il mio-nostro ufficio per chissà quanto tempo e allora perché non predisporre le cose per un cambiamento che non sia solo momentaneo ma che resista alla crisi per diventare la nuova routine? Il pct ha trasformato il lavoro degli avvocati, perché non proseguire su questa strada e fare in modo che anche le udienze –salvo le necessarie eccezioni- debbano tenersi in modalità smart? Perché non dare appuntamento al cliente su Skype, su Zoom, o su Microsoft Teams? I vantaggi sarebbero innegabilmente molti:  minori costi di studio per effetto della minimizzazione degli ambienti di lavoro e la riduzione delle spese di trasferta,  ottimizzazione dei tempi di lavoro grazie alla riduzione degli spostamenti e dei tempi morti di attesa nei corridoi dei tribunali o per il ritardo di un partecipante alla riunione che potremmo impiegare utilmente alla nostra scrivania,  maggiore facilità di incontro e condivisione grazie ad una nuova cultura del Co-Working basato sul “Co” virtuale, anzi “Smart”, ma al tempo stesso più efficiente ed economico grazie all’abbattimento dei limiti dati dalla distanza fisica. E se questo vale per l’attività lavorativa, quale potrebbe essere l’effetto sulle nostre vite private? Sui rapporti interpersonali? Certo che ci dovremmo abituare. A vedere i colleghi sul monitor, a fare una pausa e bere il caffè insieme, ma a chilometri di distanza, a salutare con un gesto della mano. Ma a fronte di tutto ciò credo che ben presto ci renderemmo conto di avere più tempo libero per coltivare tutti gli interessi che la quarantena forzata ha riportato alla nostra attenzione. La crisi ci sta dando una spinta in avanti in questo senso e noi tutti dobbiamo approfittarne per trarre dalla crisi un vantaggio, un insegnamento che renda migliore il nostro lavoro e le nostre vite, che ci consenta quando sarà tutto finito, di guardarci indietro con qualche rimpianto in meno.